E se lavorassimo quattro giorni alla settimana?

Lavorare meno, lavorare meglio. Si fa presto a dirlo, ma come fare a trasformare uno slogan in una realtà percorribile? È quello che si stanno chiedendo in tanti in questa fase storica, nella quale si incontrano da un lato l’esigenza delle aziende di essere (sempre più) competitive, produttive ed organizzate in maniera efficiente, e dall’altro l’esigenza dei dipendenti di un maggiore bilanciamento tra vita privata e lavoro, insieme alla richiesta di una maggiore autonomia e flessibilità nello svolgimento delle proprie attività. Una soluzione intrigante è quella della settimana lavorativa da quattro giorni.
La proposta è abbastanza semplice da comprendere: lavorando sostanzialmente lo stesso numero di ore settimanali, o qualcosina in meno, e a parità di stipendio rispetto al passato, si lavora per quattro giorni settimanali invece dei canonici cinque, potendo così disporre di un giorno in più da dedicare alle attività extra-lavorative e alla vita privata. Il movimento 4 Day Week Global, lanciato nel Regno Unito da Andrew Barnes e Charlotte Lockhart e punto di riferimento per questo argomento, ha proposto un equilibrio basato sulla formula “100-80-100”: 100% del salario, 80% dell’orario di lavoro e 100% della produttività.
Stando ai dati da loro diffusi, il 78% dei dipendenti con settimane da quattro giorni risulta più felice e meno stressato, e insieme il 63% delle aziende ha trovato più facile attrarre e trattenere i talenti proponendo una settimana da quattro giorni. Quanto alla produttività, già nel 2019 un test condotto da Microsoft in Giappone aveva fatto segnare un +39%, a conferma di come sul fronte aziendale l’esperimento non fosse per nulla in perdita. In più, lavorare quattro giorni alla settimana si dimostra essere più sostenibile, riducendo il numero di spostamenti e la quantità di energia da consumare negli uffici, oltre a favorire un maggiore equilibrio nei carichi di lavoro familiari, con i genitori lavoratori impegnati un giorno in meno alla settimana.

Tutto facile e tutti felici? Non è certo così semplice, tantomeno dalle nostre parti… È notizia di stretta attualità che il gruppo Intesa SanPaolo si stia adoperando per rimodulare la settimana lavorativa degli impiegati, incontrando qualche difficoltà nel colloquio con i sindacati circa i nuovi equilibri. Come sempre, può essere utile dare uno sguardo anche al di là dei nostri confini per farsi un’idea più precisa dello stato dell’arte e di come la questione si stia affrontando.
Gli esperimenti in corso
Partendo proprio dal Regno Unito, le aziende che hanno testato per sei mesi la settimana lavorativa da quattro giorni stanno ora pianificando di renderla permanente, dopo aver salutato l’esperimento come “estremamente riuscito”. Finora circa 70 aziende britanniche e più di 3.300 dipendenti hanno aderito al programma, sostenuto dal 4 Day Week Global e formulato secondo il suddetto modello “100-80-100”. Ma è l’Islanda il vero paese apripista di tutto questo movimento, visto che già dal 2015 aveva condotto il più grande progetto pilota al mondo di una settimana lavorativa da 35/36 ore (rispetto alle tradizionali 40) senza alcuna richiesta di una riduzione proporzionata della retribuzione. Una fase di studio che ha condotto a un cambio radicale di abitudini lavorative nel paese, con i dipendenti che hanno riconosciuto risultati positivi sia sul fronte del burnout da lavoro che sull’equilibrio tra vita privata e lavoro.
Normative in evoluzione e progetti pilota in tutto il mondo non si contano. In Belgio i dipendenti potranno ora decidere autonomamente se lavorare quattro o cinque giorni alla settimana, in Giappone si moltiplicano le aziende che stanno sposando questa visione della settimana corta anche su sollecitazione dell’impianto governativo, mentre Australia, Canada, Irlanda, Scozia, Spagna e USA stanno conducendo, o sono in procinto di lanciare, campagne di test incentrate sul nuovo equilibrio lavorativo. Senza dimenticare la Germania, dove nonostante le 34 ore in media di lavoro settimanali, si sta portando avanti il discorso della riduzione delle giornate lavorative, e tutti gli altri paesi che già hanno fatto della riduzione dell’orario settimanale di lavoro una consuetudine. In Olanda, ad esempio, se ne lavorano già oggi 29 in media a settimana, primato assoluto a livello mondiale.
Solo il tempo ci dirà se l’organizzazione da quattro giorni lavorativi su base settimanale potrà davvero prendere piede e diffondersi nei vari mercati del lavoro. Quello che invece è sicuro, è che per rendere produttivo il tempo dedicato al lavoro sia necessario darsi da fare per avere organizzazioni flessibili ed efficienti che mettano le persone in condizione di svolgere i propri compiti nei tempi concordati, senza intoppi. Insieme, è fondamentale saper riconoscere in tempo i segnali di stress provenienti dal personale e saper intercettare e andare incontro alle esigenze che emergono, perché avere dipendenti che lavorano controvoglia non fa certo bene al benessere né alla produttività dell’azienda. E già oggi, pur all’interno di una canonica settimana lavorativa da cinque giorni, questo dovrebbe essere un discorso acquisito.