Open Innovation: l’innovazione che viene dall’esterno

Per poter essere competitiva un’azienda, al giorno d’oggi, non può che tenere l’innovazione in grandissima considerazione ed agire di conseguenza a livello strategico. E se grande importanza va naturalmente data alle risorse interne che di questo si occupano, altrettanta attenzione dovrebbe essere dedicata agli spunti provenienti dall’esterno, a quella che viene definita dai primi Anni Duemila come Open Innovation: innovazione aperta a startup, università, centri di ricerca, consulenti. E perché no clienti, se vogliamo cogliere uno spunto brillante che viene da Lego Group.
Il concetto di Open Innovation
Implementare nuove tecnologie e abbracciare l’innovazione significa, per l’azienda, aprirsi a nuove opportunità di business e rimanere competitiva sui mercati di riferimento. Fare tutto ciò attraverso la Open Innovation significa utilizzare con profitto strumenti e competenze provenienti dall’esterno, secondo un modello che spesso si realizza mediante collaborazioni con altre realtà, attraverso le quali vengano a crearsi benefici economici e strategici per entrambi le parti. È il caso, ad esempio, della collaborazione tra una grande azienda e una startup, dalla quale per la prima scaturiscono benefici certi sia in termini di riduzione del rischio, con l’adozione di soluzioni già almeno in parte sviluppate e testate, che di riduzione dei costi.
Ad oggi, stando ai dati raccolti dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, più di due terzi delle grandi imprese italiane hanno già adottato approcci di Open Innovation, anche se con modalità e livelli di consapevolezza diversi. E dunque anche con ricadute diverse in termini di benefici tangibili. La mancanza di una reale convinzione circa gli obiettivi da raggiungere e quella di una visione strategica e sistematica orientata alla crescita aziendale sono infatti segnalati come gli ostacoli più grandi alla diffusione di questo modello.
Ancora una volta la cultura aziendale e le rigidità organizzative, unite come ovvio all’attenzione verso qualsiasi tipo di nuovo impegno economico, rappresentano possibili fattori di rallentamento in investimenti di questo tipo.

Se la Open Innovation viene dai clienti: la Customers’ Innovation
Un caso certamente raro, e fuori dagli schemi, di Open Innovation è quello che si realizza quando a collaborare all’innovazione aziendale è il cliente stesso. Un esempio virtuoso di Customers’ Innovation è quello di Lego Ideas, la community di oltre 2,8 milioni di clienti che ha condiviso e discusso più di 135.000 idee per i set Lego e ha generato ricavi significativi per l’azienda.
Un sistema rodato, che ha preso il via già dal lontano 2008, e che prevede, per i fortunati clienti le cui idee vengono commercializzate, una “ricompensa” pari all’1% delle entrate totali del prodotto. E che nello stesso tempo si fa forte di una seconda possibilità riservata alle idee che hanno avuto successo nella community ma che non siano state selezionate come prodotti Lego, attraverso un programma di crowdfunding su BrickLink, un canale orientato ai consumatori che Lego ha acquisito nel 2019.
Punti chiave di tutto questo processo sono:
- La presa di coscienza di come attingendo direttamente alle esigenze e ai gusti della clientela possano scaturire idee innovative e prodotti vincenti sul mercato. Il sistema di votazione dei progetti messo a punto da Lego Group evidenzia come tali prodotti vincenti sfuggano alle possibili previsioni fatte con qualsiasi intelligenza artificiale disponibile, per le molte variabili e la difficoltà nell’immaginare gli ingredienti di un mix vincente composto da alta qualità dell’idea e forte domanda di mercato.
- La necessità di stabilire un collegamento forte ed una comunicazione trasparente con la community che si viene a creare intorno all’azienda. Incoraggiare la partecipazione richiede la stessa forte partecipazione da parte dell’impresa, che deve favorire in ogni maniera l’identificazione e la fidelizzazione del cliente nei processi di innovazione. Anche qualora le sue idee, seppur supportate dalla community, non si siano tramutate in prodotti finiti immessi sul mercato.
- La condivisione dei benefici. Favorire la stessa imprenditorialità dei clienti, non solo relativamente alla singola azione di proposizione dell’idea quanto in quella di una possibile monetizzazione, ha fatto la differenza nell’esperienza Lego. Molti creatori sono riusciti a guadagnare denaro dalle loro proposte al di fuori della piattaforma Lego Ideas. Molti hanno acquisito popolarità come costruttori di Lego, mostrando la loro unicità e creatività su YouTube e altre piattaforme di social media. Contribuendo come appare ovvio anche a favorire la visibilità del marchio.
- Gli investimenti nell’allineare le risorse interne alle fonti di Open Innovation esterne. Lego ha investito nel programma incaricando i suoi designer di aiutare i creatori a testare, costruire e perfezionare i loro progetti prima di inviarli per il crowdfunding. L’azienda ha inoltre eseguito controlli di qualità sui set avviati alla produzione per garantire il rispetto degli standard legali e di sicurezza, nonché un’esperienza di costruzione di prim’ordine. Oltre a questo, gli investimenti nella partecipazione alla community e la disponibilità di risorse interne che si occupino della comunicazione da e verso la clientela appaiono fondamentali.
Tutto ciò dimostra che nell’era delle reti sociali e della comunicazione facilitata a tutti i livelli non è impossibile immaginare strade alternative per risultare innovativi, persino mettendo la clientela stessa in condizione di proporsi come business partner. Intervenire sulla cultura aziendale favorendo la pratica della Open Innovation permette di aprire l’azienda all’esterno, cogliendone i benefici.
Farlo con consapevolezza strategica fa tutta la differenza del mondo.
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