A proposito di amicizia sul posto di lavoro
“I colleghi si dimostrano amichevoli solo perché sotto sotto vogliono qualcosa da me”. “Non è possibile fidarsi delle persone al lavoro”. Quante volte abbiamo sentito frasi come queste, riferite alla possibilità di coltivare l’amicizia sul posto di lavoro? Eppure, da più parti si fa riferimento all’importanza e ai benefici che scaturiscono dal fatto di condividere, insieme alle ore lavorative, anche una parte delle proprie esperienze personali, dubbi, gioie e ansie, per combattere lo stress della routine quotidiana e insieme e per essere capaci di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà. Quella che viene definita “resilienza personale”.
Lynda Gratton, Professor of Management Practice presso la London Business School, esorta in un suo recente articolo su MIT SMR ad “abbracciare la complessità piuttosto che tentare di evitarla.È triste se non possiamo avere amici al lavoro perché riteniamo che i rischi siano troppo alti. Dobbiamo cercare di non sopravvalutare le difficoltà nel cercare di costruire amicizie sul lavoro, senza sottovalutare i vantaggi di avere una persona amica al lavoro”. Il suo invito è supportato anche dai numeri di più di una ricerca Gallup sull’argomento, dalle quali si evince come avere amici in ufficio sia una chiave importante per il coinvolgimento dei dipendenti e il successo sul lavoro.
Le ricerche evidenziano anche un legame con migliori risultati aziendali, sia sul fronte della redditività che su quello della sicurezza, dell’innovazione e della condivisione così come del trattenimento dei talenti, nonché invitano a una riflessione approfondita per ciò che riguarda lo spinoso argomento del lavoro da remoto. Spesso infatti si considerano, non senza qualche preconcetto, l’isolamento e lo scollamento dalla realtà quotidiana aziendale come due dei principali ostacoli alla diffusione del lavoro da remoto.
Ma se è vero che ignorare l’importanza fondamentale delle relazioni equivale all’ignorare l’essenza dell’umanità stessa, allora ecco che il professionista HR che coltivasse una visione olistica non dovrebbe mai sottovalutare il valore strategico del fatto di coinvolgere anche i dipendenti che non sono fisicamente al lavoro, applicandosi per favorire l’incontro e la socializzazione con i colleghi, assecondando per quanto possibile le loro preferenze in ambito comunicativo e comprendendone le esigenze specifiche.
Il lato oscuro dell’amicizia sul posto di lavoro
Non mancano comunque le voci critiche, che mettono in guardia circa le difficoltà nella gestione dell’amicizia sul posto di lavoro. Su tutte quelle di Julianna Pillemer e Nancy P. Rothbard dell’Università di Pennsylvania, che nella loro ricerca pubblicata sulla rivista Academy of Management Review evidenziano come le caratteristiche dei rapporti di amicizia vadano spesso in contrasto con gli elementi fondamentali del rapporto di lavoro.
In particolare, l’informalità dell’amicizia cozza con la formalità dei ruoli aziendali, così come la volontarietà del rapporto è messa in crisi dai vincoli involontari che si vengono a creare sul posto di lavoro. Insieme, la sfera sociale e dell’emotività del singolo non sempre collimano con la sfera professionale, creando possibili corto-circuiti. Il rischio dunque, secondo le autrici, è che a causa di questi conflitti si finisca per tendere a privilegiare gli aspetti emotivi e l’amicizia, anteponendoli al lavoro. Con le conseguenze nefaste che ognuno può ben immaginare.
Come spesso accade, le cose non sono bianche o nere, non hanno contorni netti e definiti. Lo dice bene una delle stesse autrici dello studio sopra citato, Nancy P. Rothbard, nel commentare l’articolo: “L’amicizia sul lavoro può essere davvero preziosa per le persone. Ma non è una cosa che presenta solo e unicamente lati positivi. Ci sono complessità e tensioni che emergono a causa di una serie di caratteristiche della vita organizzativa che rendono l’amicizia più difficile da gestire sul posto di lavoro”. La consapevolezza del Professionista HR rispetto a un argomento come questo può fare la differenza, incoraggiare relazioni sane, basate sulla fiducia reciproca, e prevenire comportamenti controproducenti.