Performance Management, come renderlo più efficace?

Un’azienda dove sia il merito a orientare le carriere dei collaboratori, dove i migliori possano essere valorizzati e fare carriera e dove coloro che producono meno possano essere individuati così da opporre i giusti correttivi, è il sogno – o almeno dovrebbe esserlo – di qualsiasi imprenditore.
Al centro di un interessante dibattito, in questa fase storica nella quale la motivazione dei lavoratori è strettamente legata anche alle possibilità di ritagliarsi prospettive di carriera all’interno dell’organizzazione, sono proprio i meccanismi con i quali in azienda si procede alla valutazione delle performance (Performance Management), sia per ciò che riguarda la parte quantitativa che quella qualitativa. Processi che interessano la platea dei lavoratori e la dirigenza, ma che coinvolgono l’azienda nella sua interezza, visto che rappresentano la base di partenza per programmare e stabilire gli obiettivi per il futuro prossimo.
I limiti del Performance Management “tradizionale”
Obiettivo di un corretto Performance Management dovrebbe essere quello di mettere in luce gli indicatori quantitativi e qualitativi dell’operato delle persone in azienda, attraverso un’analisi delle prestazioni in relazione agli obiettivi prefissati. Ma non abbiamo usato il condizionale per caso, dato che non mancano i segnali di come tutto ciò spesso sia affrontato in maniera non del tutto corretta. Innanzitutto, a causa della tendenza a limitarsi a valutazioni annuali (o semi-annuali), invece di prediligere un feedback più continuo e costante durante tutto il corso dell’anno.

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Avere una singola “pagella” a fine anno è certamente diverso dal mettere in piedi un sistema di feedback regolare e una continua revisione durante il corso dei mesi. E quello della valutazione annuale è un limite molto diffuso nelle aziende un po’ in tutto il mondo, tanto che accomuna circa la metà di esse. Una questione che fa storcere il naso sia ai manager che ai collaboratori.
Stando ai dati di una recente ricerca Gallup, infatti, ben il 95% dei dirigenti si dichiara non soddisfatto dei metodi di revisione della loro organizzazione e meno del 20% dei lavoratori trae concreti spunti di motivazione da esse. E sappiamo come la mancanza di motivazione si traduca direttamente in perdite per ciò che riguarda le aziende. Perdite che, per fare l’esempio del mercato statunitense, sono dell’ordine di 1,6 trilioni di dollari all’anno.
Il valore dei dati: lo Stack Ranking
Un’altra delle questioni centrali del Performance Management è quella relativa al valore dei dati raccolti. Se è certamente vero che il fatto di poter misurare qualcosa permette di mettere in atto correttivi qualora fossero necessari, e di comprendere con meno approssimazione possibile cosa stia andando per il verso giusto e cosa non, è altrettanto vero che alcuni meccanismi di valutazione, come ad esempio quello tradizionale dello “Stack Ranking”, restituiscano dati non del tutto utili allo scopo.
Lo Stack Ranking era un sistema pensato per individuare i cosiddetti “high” e “low performers” dei diversi team e gruppi di lavoro, reso popolare da Jack Welch durante il suo mandato come CEO di General Electric negli Anni ’80 e ancora oggi in uso in diverse realtà (nella recente attualità Google e Twitter se ne sono serviti prima di procedere ai cicli di licenziamento del personale). I limiti di un sistema come questo, basato su un rating assegnato come in una qualsiasi recensione, sono venuti fuori sia per ciò che riguarda l’obiettività della valutazione – che al di fuori delle questioni più puramente tecniche finisce inevitabilmente per essere influenzata dalla percezione degli stessi valutatori – sia per il fatto di non incoraggiare la collaborazione tra colleghi, e di far aumentare i livelli di ansia e di competizione nel personale.

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Comunicazione e feedback per il bene delle performance
Arricchire ed integrare questo ed altri meccanismi “rigidi” di raccolta dati con un sistema di comunicazione individuale e di squadra adeguato sembra essere la chiave per rendere il Performance Management efficace. Non limitarsi ai numeri, ma integrarli con feedback continuo e comunicazione regolare. Saper ad esempio comunicare ai singoli lavoratori gli obiettivi e i risultati chiave aziendali (OKR) permette di allineare la squadra verso obiettivi comuni e condivisi, invece di promuovere la conflittualità e la competizione interna. Chiarire quale sia la posizione di ogni dipendente, così come di ogni reparto, all’interno della strategia generale dell’azienda aiuterà i dipendenti a capire perché il loro lavoro sia importante.
Integrare il Performance Management all’interno delle regolari pratiche lavorative, invece di confinarlo ad una singola annuale fotografia dell’esistente, significa andare ad incidere sulla qualità dei rapporti tra collaboratori, nonché tra collaboratori e dirigenti, così come rende possibile ritarare e ricalibrare di volta in volta gli obiettivi e i risultati da raggiungere, all’interno di un sistema agile che tenda al miglioramento continuo.
Ricordandosi sempre – quando si ha a che fare con le cosiddette Risorse Umane – che avendo davanti delle persone, complesse per definizione, il fatto di ridurle ad una serie di numeri, per quanto essi possano essere precisi e privi di errori, è comunque in qualche maniera limitante. E vale tanto per una pagella come per una revisione annuale delle performance.
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