A proposito di benessere sul luogo di lavoro
C’è chi ancora si ostina a considerare l’argomento come accessorio, come qualcosa che abbia a che fare più con il campo dell’etica piuttosto che non con quello strategico del lavoro. Eppure, il benessere delle persone sul luogo di lavoro sta sempre più dimostrando, nei fatti, di essere un elemento capace di fare la differenza a livello di business, con il suo impatto rilevante sul fronte della produttività, dell’innovatività e della capacità di lavorare profittevolmente in team, tanto per fare qualche esempio.
Gli ultimi anni hanno contribuito a far sì che una quota considerevole di persone ridefinisse e si interrogasse sui suoi obiettivi di vita, mettendo sui piatti della bilancia la vita professionale e quella lavorativa in cerca di un equilibrio sostenibile. Si è parlato di Grandi Dimissioni, con la metà – in media – della forza lavoro (percentuale che raggiungeva vette del 77% tra gli under 27) che si dichiarava pronta a mollare l’attuale occupazione per andare in cerca di nuove strade professionali, più soddisfacenti e consone alle proprie aspettative. Si è parlato di Quite Quitting, ovvero dell’atteggiamento dei lavoratori che sceglievano di limitarsi a fare il minimo indispensabile, senza lasciarsi coinvolgere emotivamente nelle attività lavorative. Si è in ogni caso accesa una luce sul benessere psicologico, relazionale e fisico di quelle che nel nostro settore definiamo Risorse Umane.
Benessere sul luogo di lavoro: i numeri
Se diamo uno sguardo ai dati di una recente ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano dedicata all’argomento benessere sul luogo di lavoro, possiamo tastare con mano innanzitutto la diffusione delle situazioni di disagio. Solo il 7% (circa 1,3 milioni di persone) dei lavoratori dichiara di essere “felice”. E solo l’11% si sente bene su tutte e tre le dimensioni del benessere lavorativo: psicologica, relazionale e fisica.
Secondo l’annuale ricerca BVA Doxa commissionata da Mindwork sul Benessere Psicologico nelle aziende italiane, ben il 76% dei lavoratori nel 2023 ha sperimentato almeno uno dei principali sintomi del burnout – ovvero quella sensazione di sfinimento, calo dell’efficienza lavorativa, aumento del distacco mentale, cinismo rispetto al lavoro – con una crescita del 14% rispetto allo scorso anno. 1 persona su 2 dichiara di soffrire di ansia e insonnia per motivi legati al lavoro, così come sempre 1 persona su 2 sperimenta condizioni di stress elevato.
Più della metà dei lavoratori intervistati (il 54%) ha affermato di aver lasciato il lavoro per motivi di malessere emotivo ad esso correlato durante la propria carriera, ma anche senza giungere all’estremo non è difficile immaginare quali siano le ricadute di tanta insofferenza sul fronte del business aziendale. Ogni anno, infatti, secondo i dati raccolti dall’OMS si perdono 12 miliardi di giornate lavorative a causa di ansia e depressione, con una perdita in termini di produttività che equivale a circa un trilione di dollari.
Oggi come oggi, sono oltre 9 lavoratori su 10 quelli che ritengono essenziale la promozione del benessere psicologico da parte dell’azienda (il 96%, secondo la ricerca BVA Doxa – Mindwork). E come tutto questo potrebbe concretizzarsi sui luoghi di lavoro? Innanzitutto, lavorando per costruire un ambiente dove vengano promossi il supporto e la valorizzazione delle persone, in secondo luogo prendendosi almeno una parte del carico per ciò che riguarda la conciliazione tra vita privata e lavorativa. Solo il 20% dei dipendenti che sono impegnati a prendersi cura di qualche parente sente di ricevere un qualche supporto da parte dell’azienda, così come solo il 25% dichiara di ricevere qualche aiuto per ciò che concerne i suoi equilibri familiari.
Un ambiente lavorativo in costante evoluzione richiede necessariamente una trasformazione dell’atteggiamento aziendale riguardo ad alcuni temi fortemente sensibili: il benessere delle persone sul luogo di lavoro è, senza dubbio alcuno, uno di questi. Il ritorno, sempre stando ai dati dell’OMS, è quadruplicato rispetto ad ogni investimento, grazie alla riduzione dell’assenteismo e all’aumento della produttività. Un dato questo che obbliga alla riflessione…
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