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4 miti da sfatare sul divario di genere

17 Ottobre 2023
4 miti da sfatare sul divario di genere

L’occupazione femminile, la comprensione dell’andamento e dei meccanismi che regolano il mercato del lavoro per quel che riguarda le donne, sono al centro del dibattito dopo la recente attribuzione del Premio Nobel per l’Economia 2023 alla professoressa Claudia Goldin dell’Università di Harvard, la quale oltre tutto è anche la prima donna a vincerlo da sola, senza condividerlo con un uomo.

Il suo viaggio a ritroso alla ricerca delle cause del divario di genere, che ancora oggi è ben evidente nel mercato del lavoro a livello mondiale, ha indagato ad ampio spettro circa le aspettative delle donne per le loro carriere nel corso dell’intero XX secolo, le opportunità lavorative in correlazione all’istruzione ricevuta, le differenze di genere sia nella partecipazione al mercato del lavoro che nei salari, la vera e propria discriminazione e le differenze di trattamento tra uomini e donne. Con il risultato di mettere in evidenza come, al di là delle scelte e preferenze delle donne, siano proprio le politiche e i sistemi culturali di riferimento ad avere il maggior influsso sulla sfera occupazionale femminile.

Le donne, come vedremo nel corso del nostro ragionamento, sono infatti oggi più ambiziose di sempre, aspirano a quell’effettiva parità di trattamento, dal punto di vista salariale come di prospettive di carriera, che ancora fatica a diventare reale, in Italia come nel resto del mondo. Secondo il Global Gender Gap Index, infatti, il nostro paese si colloca soltanto al 63° posto al mondo e al 14° posto in Europa per parità di genere. La percentuale di donne che ricoprono ruoli dirigenziali rimane ancora estremamente contenuta, anche a causa di alcune concezioni radicate, veri e propri miti che la ricerca Women in the Workplace 2023, condotta da McKinsey ed appena pubblicata, si è proposta di sfatare, numeri alla mano.

Mito n°1: “Le donne non sono più ambiziose dopo la pandemia”

La realtà è esattamente il contrario, e la chiave per alimentare e tenere viva l’ambizione sta tutta nella flessibilità. La pandemia ha mostrato alle donne che un nuovo modello di conciliazione tra lavoro e vita privata è possibile. Una donna su cinque afferma che la flessibilità l’ha aiutata a rimanere nel posto di lavoro o a evitare di ridurre l’orario, mentre un gran numero di donne che lavorano in modo ibrido o da remoto indicano come vantaggio principale il sentirsi meno affaticate ed esaurite. Ciò detto, circa l’80% delle donne desidera una promozione al livello superiore, rispetto al 70% nel 2019. Percentuale che raggiunge il 90% tra le donne sotto i 30 anni. Stiamo parlando degli stessi valori degli uomini. Ambizione e flessibilità non sono, e non devono, essere concetti in contrasto tra loro.

Divario di Genere

Mito n°2: “L’ostacolo è il soffitto di cristallo”

Anche qui la ricerca Women in the Workplace mette in luce come non sia tanto il soffitto il problema, quanto piuttosto quello che definiscono il “gradino rotto”. Quest’anno, tra America e Canada oggetto della loro ricerca (ma il discorso, pur con talune differenze numeriche, è valido a livello globale), per ogni 100 uomini promossi dal livello base a manager, sono state promosse 87 donne, e a causa della disparità di genere nelle prime promozioni, gli uomini finiscono in media per ricoprire il 60% delle posizioni di livello manageriale in un’azienda tipica, mentre le donne ne occupano il 40%. Salendo via via fino ai livelli dirigenziali, la percentuale di donne tenderà a diminuire ogni volta, rispettando lo stesso pattern. Che piuttosto che guardare al soffitto sia il caso di “riparare” il gradino?

Mito n°3: “Le microaggressioni hanno un minimo impatto”

Le microaggressioni – ovvero le espressioni verbali, gli atteggiamenti e i comportamenti ostili – hanno un impatto ampio e duraturo sulle donne, che ne subiscono a un tasso significativamente più elevato rispetto agli uomini. Le donne che le subiscono sui luoghi di lavoro risultano più esposte a sofferenze psicologiche e al rischio di sviluppare stress, il che rende più difficile esporsi, proporre nuove idee o sollevare criticità. Le donne che subiscono microaggressioni hanno tre volte più probabilità di pensare di lasciare il lavoro e quattro volte più probabilità di essere quasi sempre esaurite.

Mito n°4: “Sono soprattutto le donne a desiderare il lavoro flessibile e a trarne vantaggio”

Guardando i numeri, è la maggior parte dei dipendenti, al di là del genere, che afferma come l’opportunità di lavorare da remoto e di avere il controllo sui propri orari siano i preferiti benefit aziendali. Riferendosi alle donne, si torna a quanto evidenziato da Claudia Goldin nel suo lavoro: le donne svolgono ancora una quantità sproporzionata di assistenza all’infanzia e di lavoro domestico, e senza una certa flessibilità sarebbero costrette a lasciare aziende e rinunciare a carriere (cosa che spesso in effetti purtroppo accade).

Rispetto all’argomento, più di otto dipendenti su dieci (83%) citano la capacità di lavorare in modo più efficiente e produttivo come il vantaggio principale del lavoro da remoto, mentre solo la metà dei leader HR riconosce che la produttività dei dipendenti sia uno dei vantaggi principali del lavoro da remoto, dimostrando come tra dipendenti e azienda possa esserci spesso una differenza di prospettiva.

Infine, solo il 39% degli uomini e il 34% delle donne che lavorano stabilmente in sede afferma che il vantaggio fondamentale sia quello di sentirsi più legati alla cultura aziendale. Su questi aspetti, e sulle ricadute sia a livello di benessere personale che di produttività aziendale, si giocherà una delle più importanti “battaglie” dei prossimi tempi per ciò che riguarda l’organizzazione aziendale.
Al di là del divario di genere.

Crediti immagini:
Immagine di Freepik
Immagine di rawpixel.com su Freepik

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